Di fronte allo sguardo sbalordito di un nuovo arrivato all’università, si presenta una realtà molteplice e diversa: pluralità dei saperi, di persone di luoghi di idee e credenze. Subito nelle acquisizioni primarie del novello universitario si trova l’ampliamento del suo orizzonte. E come ben ci dice il suo nome nel nucleo più genuino della vita universitaria si trova il suo essere “universale”.
Come afferma il Papa Benedetto XVI nel discorso preparato per gli universitari della Sapienza, questo panorama plurale dell’università trova la sua armonia e la sua ragione di essere nell’inquietudine che sperimenta l’essere umano nel raggiungere la verità: “ Credo che si possa dire che la vera e intima origine dell’università stia nel desiderio di conoscere che è proprio dell’uomo. Vuole conoscere tutto ciò che lo circonda. Vuole la verità”[1]
Ma l’università non è uno spazio dedicato unicamente alla conoscenza, teorico o pratico bensì include anche tutta la dimensione vitale che tocca la persona e le sue relazioni con gli altri: “La verità non è mai solo teorica. Sant’Agostino parlò di una reciprocità tra scientia e tristitia: il semplice sapere- dice- produce tristezza. E, in effetti, colui che vede solo e percepisce tutto quello che succede nel mondo finisce per intristirsi. Ma la verità significa qualcosa di più del sapere; la conoscenza della verità ha come fine la conoscenza del bene. Per questo, la ricerca della verità si identifica anche con la ricerca del bene personale e sociale in maniera attiva.
L’università è o dovrebbe essere un’istituzione autonoma vincolata esclusivamente alla autorità della verità. Questa libertà permette di ascoltare tutte le voci, dialogare con diversi attori, compromettersi per la difesa della dignità della persona e la giustizia sociale. L’autonomia non la isola dal mondo che la circonda, al contrario la rende capace di essere guida al servizio della società. Se abbandonasse questa esigente connotato, faro di osservazione e piattaforma di servizio perderebbe quello che ha di più specifico e insostituibile.
In molte occasioni osserviamo come l’università rimanga al mercato lavorativo dedicandosi alla preparazione tecnica dei lavoratori. In questo modo il suo obiettivo smette di essere quello di formare persone integre e preparate per vivere e servire la società nella quale si trovano immerse. Come risultato di questo modo di pianificare l’università si sminuiscono i saperi umanistici.
D’altro canto dopo la caduta delle grandi ideologie dell’epoca contemporanea, e come conseguenza del vuoto religioso, in alcuni ambienti accademici predominano atteggiamenti quali lo scetticismo, l’indifferenza o il relativismo che finiscono per tradursi in individualismo pragmatico con la conseguente mancanza di idee, assenza di dialogo e di dibattito ecc. Molte volte questo ambiente fa sì che gli alunni universitari che si iscrivono adottino un atteggiamento “transitorio” nell’università, vista come unicamente un mezzo per inserirsi nell’ambito lavorativo, senza rendersi conto dell’importanza e del ruolo che questi anni possono giocare nella loro vita.
In definitiva, si può applicare all’Università lo stesso compito che il Papa si assume come vescovo di Roma rispetto all’istituzione universitaria: “La missione di mantenere sveglia la sensibilità per la verità; invitare una e un’altra volta alla ragione a cercare la verità, cercare il bene, cercare Dio; e in questo cammino stimolarla a scoprire le utili luci che sono sorte durante tutta la storia della fede cristiana percependo così Cristo come la Luce che illumina la storia e aiuta a trovare il cammino verso il futuro.
Dopo questa panoramica generale conviene che l’impostazione del tema dell’UNIV 2009 si centri soprattutto sulle persone che rafforzano l’università e specialmente nel ruolo degli universitari. Per ciò segnaleremo una serie di questioni che tra l’altro potrebbero essere oggetto di riflessione e lavoro:
1. Fiducia nella ragione:
Essere universitario significa confidare nelle possibilità della ragione di cercare e trovare la verità e non accontentarsi di atteggiamenti “consensuali”quando sono basati su un idea relativista della realtà. D’altro canto non possiamo ridurre la formazione universitaria all’apprendimento di una professione determinata, bensì dovrebbe preparare persone di cultura e criterio con la sufficiente capacità per affrontare le differenti situazioni che si presentano tanto nell’ambito lavorativo quanto nel contesto sociale. Riassumendo, prepararsi, per essere persone complete.
2. Formazione completa:
dobbiamo essere coscienti del fatto che gran parte delle carriere universitarie, se non tutte, per l’eccessiva specializzazione, lasciano lacune nella formazione. Queste deficienze si potrebbero coprire con un piano serio di letture e attività extra accademiche. Ci domandiamo: siamo capaci di scoprire quali sono queste carenze? Sarebbe interessante proporsi idee e progetti per migliorare e apprendere a rendere compatibili gli studi universitari con e altre attività intorno a un progetto di crescita personale.
3. Il riposo di un’universitario:
Per un universitario che cerca di fomentare queste grandi possibilità della sua ragione, il riposo e lo svago costituiscono un cambio di attività e non una parentesi nell’uso del proprio intelletto e nello sviluppo del suo progetto di vita. L’obiettivo è concepire le attività del fine settimana, le vacanze, i viaggi ecc. come un’occasione di maggior arricchimento personale. Il riposo non implica annullare la ragione, sono periodi nei quali possiamo anche crescere in virtù e abitudini intellettuali.
4. Tono umano:
Il vasto campo della cultura intesa come coltura di tutto ciò che è umano include anche la cortesia, i buoni modi, la cortesia come riflesso di una personalità delicata e, allo stesso tempo, naturale. Come possiamo promuovere in ciò che ci circonda una maggior delicatezza nel rapporto reciproco tra i compagni di professione e di università? Potremmo scoprire anche i piccoli vizi o manie nella convivenza quotidiana che per osmosi ci contagiano, in un ambiente che, in molte occasioni è poco delicato, eccessivamente competitivo e persino rozzo. A questo punto sarebbe interessante vedere come si può rivalorizzare la dignità della donna, in concreto, soffermandoci sulle sue capacità di prendersi cura dei dettagli che fanno gli ambienti più umani, anche l’ambiente accademico.
5. Coltivazione dell’amicizia e del dialogo:
L’amicizia gioca un ruolo chiave nell’università. La solitudine è contraria allo spirito universitario e al solo conoscimento e nemmeno da senso alla nostra esistenza. Il sapere, la ragione ha come funzione facilitare il cammino per arrivare alla vita piena che si trova nell’amore: amare e essere amato. Per questo l’amicizia è un mezzo privilegiato affinché l’universitario apprenda a sviluppare la sua vocazione più intima, senza doverla relegare agli ambiti extra universitari. Dobbiamo riflettere sul ruolo della vera amicizia nell’ambito accademico che evita una malintesa competitività e contribuisce alla costruzione di una società solidaria. D’altro canto, è necessario anche recuperare il valore del dialogo che si deve esercitare su tutti i livelli: tra le discipline, culture e religioni, etc. Questo implica adottare un atteggiamento aperto, senza rinunciare al proprio e anche imparare dalla vita delle altre persone, che nel presente o nel passato hanno rappresentato lo spirito universitario e sono state capaci di trasmetterlo.
6. L’importanza delle virtù:
I grandi orizzonti nell’acquisizione della cultura esigono sforzo, ottimizzazione del tempo, continuità, disciplina e studio. Non c’è spazio per parentesi né per la superficialità. In questo modo, intravediamo l’importanza delle virtù come mezzo per raggiungere una vita piena e non come una disciplina asfissiante per raggiungere delle mete efficaci, ottenere buoni voti negli esami, etc. La rivaloralizzazione dello sforzo e dell’ansia di superarsi non è altro che imparare a servire nella professione e essere capaci di affrontare la vita.
7. Fede e ragione:
Per ultimo è primordiale recuperare il luogo che spetta alla fede nell’insieme dei saperi. In questo senso, Benedetto XVI dice che la fede cristiana è “una forza purificatrice per la ragione che la aiuta a essere essa stessa di più. Il messaggio cristiano, in virtù della sua origine, dovrebbe essere sempre stimolo verso la verità e, così, una forza contro la pressione del potere e degli interessi”.
[1] BENEDICTO XVI, “Discurso preparado para el encuentro con la Universidad de Roma La Sapienza”, Roma, 2008